Green packaging. Il bilancio di Colelli sul Forum di Bologna

“Oltre che alla riciclabilità ed alla biodegradabilità del materiale per il packaging della IV Gamma, sarebbe interessante iniziare a pensare all’impiego di materiali che si possano ri-usare. All’Università di Foggia abbiamo già iniziato a ragionarci ed abbiamo alcune idee”. Un argomento tra i più interessanti nel bilancio di Giancarlo Colelli, esperto di IV Gamma e ordinario di Scienze e tecnologie agrarie all’Università di Foggia, sul primo Forum Internazionale “Packaging speaks green” organizzato da Fondazione FICO e da UCIMA e tenutosi la scorsa settimana a Bologna, presso FICO Eataly World.
“Gli attuali modelli di business del ri-utilizzo presentati al Forum – spiega il professore – come quello proposto dalla start up Loop che ha creato una piattaforma digitale per le consegne agroalimentari e poi per il ritiro dei packaging da parte dei retailer, potrebbero già essere applicabili per gli smoothies, senza lavorare particolarmente sul concept delle confezioni, ma si può iniziare a ragionare anche su come riutilizzare ad esempio le ciotole per le insalate e su quali materiali siano più adatti, anche alla luce delle esigenze tecnologiche di tali prodotti”.
Il progetto di Loop, presentato nel corso del Forum, vede coinvolte una serie di multinazionali del largo consumo tra cui, nel food and beverage, anche i gelati a marchio Häagen Dazs, i biscotti Milka e la private label Bio di Carrefour per spezie, olio e miele. Un modello di business che sta per essere introdotto, nelle prossime settimane, da due big retailer: oltre a Carrefour in Francia, anche da Tesco in Gran Bretagna.
“La difficoltà principale – spiega Colelli – per introdurre questo sistema nell’industria di IV Gamma è legato al fatto che il maggior costo legato al riuso della confezione diventa sostenibile per le aziende se il prodotto in essa contenuto è di alto valore, come appunto il gelato o i biscotti. È sostenibile per gli smoothies ma per le baby leaf il discorso cambia. A meno che non si sviluppino nuove confezioni con materiali, forme, e combinazioni mai pensati fino ad ora per il fresh cut”.
Sugli altri due aspetti legati alla sostenibilità del packaging, emersi nel corso del Forum, quali la riciclabilità e la biodegradabilità, alcune riflessioni dei relatori hanno gettato le basi per ridisegnare il ruolo dei player di IV Gamma, legati per definizione al mondo del packaging nella direzione di parte propulsiva della svolta sostenibile.
Secondo i dati presentati da Nielsen, infatti, frutta e verdura di IV Gamma e piatti pronti on-the-go sono gli alimenti confezionati che registrano una maggiore crescita di consumo in Italia sul totale dei prodotti confezionati (inclusi quelli non alimentari) con un trend di aumento dell’uso del packaging del +81,7% tra il 2018 e il 2019.
“Bisogna prendere le cose, però, con le dovute misure – precisa Colelli – dal momento che pur producendo e usando confezioni di plastica, l’industria del fresh cut non rappresenta che una piccolissima percentuale delle confezioni immesse sul mercato, nonostante il trend sia in crescita sulla scia della domanda. Questo ovviamente non vuol dire che non si possa fare innovazione anche in questo settore”.
Secondo il ricercatore, l’uso delle plastiche convenzionali, ad esempio, può essere sostituito con plastiche a minore impatto che assicurino però la stessa performance in termini di garanzia della shelf-life e del mantenimento della qualità del prodotto. “Una delle possibili alternative è l’uso di bio-materiali – osserva Colelli – come ad esempio il PLA che si sta affacciando adesso nel settore con alcune imprese di IV Gamma che iniziano ad impiegarlo”.
Le alternative green indirizzano verso materiali biodegradabili oppure non biodegradabili ma riciclabili (come il Bio PET che è un materiale prodotto da biomasse) che possono, in quest’ultimo caso, attivare processi di economia circolare.
Strumentale al riciclo di elevata qualità, potrebbe essere ad esempio, l’innovazione Prism, presentata da Andrew Manly, direttore della comunicazione di AIPIA, l’associazione mondiale dell’industria del packaging attivo e intelligente. Si tratta di un codice a barre invisibile, composto da marcatori fluorescenti ricavati dal riciclaggio di lampade fluorescenti, che viene applicato sulle plastiche da riciclare e che può selezionare i materiali che ispeziona in base alla loro composizione distinguendo quelli adatti al settore alimentare per il grado di polimeri presenti. Intorno a questa innovazione si è costituito un consorzio britannico nel 2016.
Tra i materiali bio-degradabili emersi al convegno potenzialmente compatibili con le esigenze del fresh-cut, c’è il Mater-bi di Novamont (quello dei sacchetti biodegradabili della spesa, per capirsi) al momento non usato dall’industria di IV Gamma per alcune criticità come ad esempio l’elevata permeabilità per cui non si riesce a modificare molto l’atmosfera dentro la confezione a meno che non si usi molto materiale con il conseguente aumento dei costi.
Pernod Ricard & Suntory sta utilizzando dei pack edibili per la vendita di estratti di alghe, ad esempio, o altre bevande. Si tratta di capsule da 23 ml ciascuna che sono state distribuite (circa 30mila capsule) durante la maratona di Londra del 2019 e che potrebbero eventualmente essere usate per realizzare dei bocconi di micro-creen (tipo chips) oppure dei bocconi di smoothies. “Ma bisogna verificare se il materiale delle capsule – chiosa Colelli – sia adatto anche a contenere solidi come le foglie e se le sue cosiddette ‘proprietà barriera’ (il fatto che siano più o meno traspiranti) sono adatte al mantenimento della shelf-life e della qualità del prodotti che contengono”.
Mariangela Latella

 

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