L’Italia muove i suoi passi nel mercato globale dei funghi e lo fa con gli Champignon di IV Gamma che, secondo gli operatori, stanno crescendo del 20% l’anno nell’awarness dei consumatori. Passi significativi per il fungo italiano caratterizzato da un elevato know-how e un’ottima qualità posto che tutte le principali fungaie italiane sono gestite da aziende con tre o quattro generazioni di esperienza alle spalle.
“Il nostro punto debole – afferma tuttavia Massimiliano Ceccarini, di SIPO, che commercializza sei referenze di funghi di IV Gamma, pari a 125 tonnellate l’anno – è la mancanza di economie di scala perché si lavora ognuno per sé. Nonostante tutto, vista la grande attenzione del mercato verso questo prodotto, stiamo sviluppando nuovi canali di vendita all’estero, specie nel mercato irlandese dove sono in corso trattative con le catene Donny Broke Fair e Dany Stores. La mancanza di economie di scala ci porta sul mercato con prezzi superiori del 30% ai nostri principali competitor, quali Olanda e Polonia. Per questo puntiamo sulla qualità e sulla differenziazione dell’offerta”.
Secondo il Global Button Mushrooms Report 2018, pubblicato alla fine di luglio, da qui a cinque anni il giro d’affari che il tradizionale fungo prataiolo riuscirà a muovere sul mercato globale, arriverà a quasi 20 miliardi di dollari grazie ad un tasso di crescita composto superiore al 7% l’anno. I principali driver sono non solo le proprietà nutrizionali che lo rendono un vero e proprio superfood ma anche quelle salutistiche se si considera, ad esempio, che in Cina, principale produttore mondiale con più di 7 milioni di tonnellate l’anno, soprattutto di varietà Shitake, è uno degli elementi principali della medicina.
Per questo motivo si stima un forte aumento dei consumi (e delle remunerazioni) non solo nei mercati già sviluppati come Europa e Nord America, ma anche nell’area del Sud-Est Asiatico, al punto che l’India, con le sue coltivazioni nel Punjab, sta spingendo molto per cogliere questa occasione di mercato.
Fino a ieri l’Italia era praticamente fuori dai giochi dal momento che, per quanto riguarda il mercato del fresco, non esportava e non importava ma adesso le cose stanno cambiando. “Fino a due anni fa – spiega a Fresh Cut News Romeo Fuser, presidente dell’Associazione italiana funghicoltori e della OP Consorzio Funghi Treviso – l’Italia, con la sua produzione nazionale di circa 60mila tonnellate di prataioli di cui 15mila destinati alla IV Gamma, soddisfaceva interamente al fabbisogno nazionale, importando dall’estero, prevalentemente UE, funghi trasformati o da trasformare. Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una crescita del 20% della IV Gamma in parte data dalla crescente attenzione per il convenience food e in parte, circa il 7%, per l’aumento del consumo di funghi”.
Per cavalcare questo trend, due anni fa le quattro principali OP italiane (oltre al Consorzio di Treviso anche le OP Fungo Amico, Terre di Romagna e Funghidea) hanno creato il marchio ‘Fungo italiano’ per aprire una partita con i colossi produttivi di Polonia (circa 300 mila tonnellate di Champignon l’anno), Olanda (250 mila), Francia e Spagna (tra 100 mila e 120 mila ciascuno).
“Da un anno, inoltre – continua Fuser –, abbiamo investito circa 6 milioni di euro per ampliare lo stabilimento di Treviso, e renderlo interamente meccanizzato per la lavorazione di Champignon Fresh Cut e realizzare un nuovo impianto di 2.800 mq a San Cesareo in provincia di Roma. Stiamo anche studiando nuove tecniche di confezionamento che permetteranno l’allungamento della shelf life che adesso è di otto giorni”.
Gli impianti saranno attivi da settembre e, da qui al 2020, saranno in grado di produrre 25 mila tonnellate di prodotto Fresh Cut che soddisferà non solo la domanda nazionale di IV Gamma (circa 15 mila tonnellate l’anno) ma permetterà di sviluppare l’export dell’azienda attualmente intorno all’1% e prevalentemente destinato ad alleggerire i rallentamenti estivi del mercato dirottando prodotto su Croazia e Grecia.
“Siamo in contatto con catene della GDO di Germania, Svizzera e Austria – precisa Fuser – e per rispondere a questi obiettivi di crescita, i nostri 16 soci stanno facendo investimenti per ampliare le superfici coltivate almeno del 15% l’anno. Il processo è stato avviato l’anno scorso e continuerà nei prossimi due anni, con investimenti complessivi intorno ai 15 milioni di euro”.
Cresce, infine, l’attenzione dei produttori italiani per i funghi esotici da destinare al mercato del fresco. Negli ultimi due anni, alcuni piccoli coltivatori si sono specializzati nella produzione di funghi Shitake freschi (un quarto dello share mondiale contro il 36% dello Champignon). I volumi non arrivano a 10 tonnellate e vengono distribuiti prevalentemente nei negozi al dettaglio specializzati in bio o prodotti di eccellenza.
Mariangela Latella