Automazione in frutticoltura, la visione di Melinda, Orogel, Mazzoni

Il futuro della frutticoltura italiana è a rischio e necessita di evolvere. Questo quanto emerso dalla tavola rotonda organizzata al termine del convegno della Fondazione Fresh del 14 febbraio. La crisi del settore è legata a una serie di fattori, tra cui la difficoltà nell’adozione/trasferimento delle tecnologie (sensoristica, automazione, digitalizzazione) e la carenza di un ricambio generazionale necessaria a gestirle.

Luca Lovatti di Melinda ha illustrato le iniziative volte a ottimizzare i costi e aumentare la sostenibilità ambientale ed economica attraverso l’automazione, ma ha anche sottolineato le difficoltà nel garantire la produttività delle aziende in un contesto di un sempre più ridotto uso della “chimica” in frutticoltura.

Silver Giorgini di Orogel ha portato l’attenzione sulla necessità di una maggiore connessione tra istituti tecnici agrari e aziende frutticole, suggerendo che la formazione dei futuri tecnici-agronomi debba evolversi verso competenze più tecnologiche in grado quindi di saper interpretare la mole di dati che la sensoristica e la digitalizzazione del futuro fornirà. Giorgini ha anche evidenziato i gravi problemi legati alla perdita di fertilità del suolo (sostanza organica in primis!) e alla gestione dell’ambiente, un aspetto fondamentale per la sostenibilità ambientale prima ed economica poi. Il frutticoltore per portare avanti tutto ciò ha anche bisogno di un sostegno dal mondo politico, magari legato ad un compenso per il sequestro di carbonio, di anno in anno tacitamente realizzato da una sua meticolosa gestione delle coltivazioni agricole/frutticole.

Maurizio Bottura della Fondazione Edmond Much (FEM) di San Michele all’Adige (TN) ha invece parlato della frammentazione delle aziende agricole, specialmente nelle piccole realtà trentine, che rendono difficile l’adozione delle innovazioni a livello aziendale. Da qui l’importanza delle cooperative per agevolare il trasferimento tecnologico. Nonostante queste difficoltà, la FEM sta comunque portando avanti la ricerca in diversi settori a partire dalla crisi idrica, oramai presente anche in un contesto alpino.

Michele Gerin del gruppo Mazzoni ha sottolineato come già le difficoltà climatiche possono limitare l’implementazione dell’uso delle nuove tecnologie, rappresentando quindi, nel maggiore dei casi, un costo per l’azienda agricola che decide di investire. Inoltre, accoppiato al limitato risultato apportato dall’innovazione c’è, sempre secondo Gerin, una ridotta volontà da parte dei giovani di entrare in agricoltura. Ciò è deleterio per un settore che ha “fame” di giovani.

 

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