La startup altoatesina Plantvoice ha inventato una tecnologia per “ascoltare” la voce delle piante, capire il loro stato di salute in tempo reale e individuare e prevenire cause di stress, come malattie e siccità. Fondata a Bolzano nell’ottobre scorso e incubata al NOI Techpark, Plantvoice ha brevettato un’innovativa tecnologia sensoristica che analizza la linfa della piante e che sfrutta l’intelligenza artificiale nativa per l’analisi dei dati raccolti. È quindi possibile non solo prevenire la diffusione di cause di stress per le colture, ma anche migliorare la resa e la qualità delle coltivazioni, oltre che ottenere un risparmio economico, in termini di efficienza del consumo di risorse idriche, fertilizzanti e fitofarmaci.
“Plantvoice– dichiara Matteo Beccatelli (nella foto), CEO e Co-Founder di Plantvoicenasce – dall’osservazione dei due principali problemi in agricoltura: il consumo idrico, che a livello mondiale dipende per gran parte dall’agricoltura, e lo sfruttamento del suolo. Quando abbiamo ideato la nostra tecnologia avevamo in mente di risolvere proprio questi problemi. E lo abbiamo fatto ideando uno strumento che non invade la natura e non la modifica, ma grazie all’utilizzo dell’intelligenza artificiale fornisce informazioni utili alle aziende agricole per gestire al meglio tutte le risorse”.
Un’esigenza quella di ridurre l’utilizzo di acqua e sostanze chimiche, più urgente che mai, considerato che, secondo la FAO, il 70% del consumo idrico mondiale è destinato all’agricoltura ma il 60% dell’acqua utilizzata in questo settore viene sprecata a causa di sistemi di irrigazione inefficienti. L’agricoltura è anche responsabile del 17% delle emissioni globali di anidride carbonica (CO2). In questo contesto, il contributo che le tecnologie possono dare attraverso l’ “agricoltura di precisione” è fondamentale – non a caso il mercato dell’agricoltura 4.0 sta registrando una forte crescita, anche in Italia: secondo i dati degli Osservatori digital innovation del Politecnico di Milano nel 2022 è arrivato a superare i 2 miliardi di euro (2,1), registrando aumento del +31% rispetto al 2021.
“A differenza delle altre principali tecnologie agricole come ad esempio sensori meteorologici, di suolo, di irraggiamento e di temperatura, immagini satellitari, droni, che forniscono agli agricoltori dati esterni alla pianta relativi all’ambiente che la circonda – precisa il CEO di Plantvoice – la nostra tecnologia raccoglie direttamente i dati interni dalla pianta, quasi come un’elettrocardiogramma della pianta, attinenti alla sua fisiologia, consentendo una rilevazione rapida delle anomalie nello stato di salute, minimizzando la latenza rispetto alle tecnologie concorrenti”.
Beccatelli, per la validazione scientifica del brevetto e le sperimentazioni sul campo si è avvalso di importanti collaborazioni accademiche con Eurac Research, Fondazione Bruno Kessler, l’Università di Milano, l’Università di Parma e l’Università di Verona. “Inoltre, grazie alla sua interfaccia API (Application Program Interface), Plantvoice consente l’integrazione con altre applicazioni software in modo tale che i produttori agricoli possano utilizzare i dati raccolti anche in altre applicazioni e strumenti, evitando una frammentazione poco funzionale di tutte le risorse 4.0 ora presenti nell’ambito agricolo”
In base ai dati raccolti, la tecnologia inventata dalla startup bolzanina permetterebbe alle aziende agricole di migliorare la produttività e la qualità delle coltivazioni, uniti ad un risparmio economico diretto di circa il 13%, in termini di riduzione dell’irrigazione, di fertilizzanti e di fitofarmaci. Alcune aziende agricole “early adopter” hanno già applicato il sensore Plantvoice sul campo come la trentina Sant’Orsola, organizzazione di produttori specializzati nella coltivazione di piccoli frutti e Martino Rossi, azienda cremonese che produce farine senza glutine e prodotti alternativi.
Salvi Vivai, società ferrarese ha installato invece Plantvoice sulle mele Pink Lady per correlare lo stress idrico con il colore, la forma e l’aspetto del frutto maturo. In un’ottica di circolarità anche la tecnologia che sta dietro a Plantvoice è stata pensata come sostenibile: i biosensori sono realizzati con materiali biocompatibili e compostabili, e possono resistere all’interno della pianta per un’intera stagione vegetativa, consentendone quindi un utilizzo prolungato. La realizzazione avviene con tecniche di additive manufacturing, quindi poco energivore.