Droni, rilevatori di umidità, centraline meteo, strumenti in grado di “leggere” il terreno e capire il reale fabbisogno di fertilizzanti, nutrienti o mezzi tecnici, ma anche tecnologie che mappano le colture in campo e sono in grado di dire quanto si è prodotto in ogni singola particella. E’ l’agricoltura dei “big data“, su cui ha puntato i riflettori, da martedì 2 a sabato 5 marzo, la Fieragricola di Verona che ha ospitato al padiglione 12 un apposito salone del Digital Farm.
Quello dell’agricoltura digitale è un segmento in espansione: nel 2020 ha raggiunto in Italia il fatturato di 540 milioni di euro. Spiega Andrea Bacchetti, direttore dell’Osservatorio Smart AgriFood della School of Management del Politecnico di Milano e del Laboratorio RISE dell’Università degli Studi di Brescia: “Nel 2021 abbiamo assistito ad una significativa crescita del mercato dell’Agricoltura 4.0, favorita anche dalla diffusione di incentivi fiscali che hanno permesso alle aziende agricole di anticipare, effettuare o addirittura intensificare investimenti in questo tipo di soluzioni”.
Per Ivano Valmori, fondatore e amministratore di Image Line, partner di Fieragricola per la realizzazione del salone del Digital Farm, “l’agricoltore si è finalmente accorto del valore dei dati in agricoltura e delle opportunità offerte da una loro lettura e interpretazione, per cui ha cominciato ad investire non soltanto in beni reali come i trattori, le attrezzature, i mezzi tecnici, ma anche in beni immateriali come i sistemi per la gestione dei big data”.
Lo scenario dell’agricoltura digitale offre già oggi un ventaglio di soluzioni per gli imprenditori agricoli particolarmente ampio, come i farm management information system, applicativi per gestire le informazioni dell’azienda, le mappe di raccolta e di prescrizione, sistemi che integrano i programmi di gestione aziendale e che elaborano i dati raccolti dalle strumentazioni digitali installate sopra i trattori e sopra le macchine. Accanto a questo, c’è un mondo legato ai cosiddetti GIS, cioè ai sistemi informativi territoriali: lo stesso ministero delle Politiche agricole, in questo ambito specifico, ha dato vita al SIPA, sistema di identificazione delle parcelle agricole, basandosi su orto-foto, immagini satellitari, immagini catturate da aerei o droni; questa nuova linea sancisce di fatto la fine definitiva del catasto cartaceo nella gestione delle informazioni degli agricoltori.
Il digital farm abbraccia anche un’altra categoria di prodotti: sono i decision support system o DSS, vale a dire sistemi che prevedendo sia l’andamento climatico che l’andamento
della fisiologia della coltura che l’evoluzione dei parassiti dicono in maniera sufficientemente precisa quando intervenire e dove posizionare i diversi trattamenti come irrigazione, fertilizzazione, semina, difesa fitosanitaria, così da operare in maniera corretta e senza sprechi.
Per Chiara Corbo, direttrice dell’Osservatorio Smart AgriFood della School of Management del Politecnico di Milano e del Laboratorio RISE dell’Università degli Studi di Brescia, vi sono margini di ulteriore crescita: “Riteniamo che il mercato non abbia comunque ancora raggiunto il suo massimo potenziale, anzi – rivela Corbo -. Sempre più rilevanti saranno i dati: stimiamo una crescita degli investimenti in soluzioni che ne abilitano la raccolta, l’analisi e la condivisione, perché continua ad aumentare la consapevolezza del mondo agricolo sull’importanza della valorizzazione dei dati, a beneficio di tutta la filiera”.
Uno dei nodi da sciogliere, secondo Image Line, riguarda l’interoperabilità, cioè la capacità dei diversi sistemi digitali di dialogare fra loro su più piattaforme, evitando così all’operatore e all’imprenditore di inserire il medesimo dato su software e gestionali differenti. In questo modo sarà possibile consentire un dialogo fra big data sia all’interno dell’azienda stessa che magari ad un livello superiore, per poter avere un quadro su aree geografiche molto ampie.