Il mercato inglese ai raggi X. L’analisi di Giampaolo Oliviero di Cultiva

Sempre più competitivo il mercato britannico per gli esportatori italiani di IV Gamma che devono gestire i nuovi equilibri di mercato (e le nuove norme) determinati dalla Brexit e dallo tsunami Covid. Ne parliamo con Giampaolo Oliviero (nella foto), direttore Business Unit Produzione Primaria di Cultiva in un’intervista esclusiva per Fresh Cut News.
“Devo farle una premessa”, precisa subito Oliviero. “Fino a ottobre 2018 Cultiva si occupava direttamente di consegnare il prodotto esportato, ossia la materia prima, presso i nostri clienti britannici. Da quella data, abbiamo passato il testimone della logistica, intesa come trasporto internazionale, ad un nostro cliente inglese, Bakkavör Group, che viene a prelevare la merce direttamente nei nostri magazzini per consegnarla direttamente ai clienti d’Oltremanica. Questo ci ha sollevato da molte incombenze burocratiche legate all’export verso la Gran Bretagna. Si tratta di un’esperienza di partnership unica nella supply chain di IV Gamma perché per fare questo abbiamo dovuto organizzare un’integrazione logistica e informatica con la piattaforma del cliente. Ci abbiamo lavorato per un anno al fine di organizzare il flusso dati automatico a livello di programmazione della produzione, di disponibilità di prodotto, ecc. Oggi, quando spediamo della merce, lavoriamo su una piattaforma di interscambio che permette ai nostri sistemi di dialogare”
– Al di là della vostra innovativa organizzazione logistica per l’export verso il Regno Unito, come è cambiato il mercato britannico della IV Gamma per gli esportatori italiani post-Brexit e post-Covid?
“Il vero grosso cambiamento non è tanto legato direttamente alle difficoltà logistiche che sono state, finora, brillantemente gestite da questa combinazione di implementazioni informatiche e collaborazione logistica. Oltre all’allungamento del tragitto di un paio d’ore e alcuni impatti legati alla situazione Covid, come i tamponi che bisogna fare per passare dall’Austria e la dichiarazione sull’apposito portale britannico che si deve rilasciare quando si esce dal Regno Unito, per dare la possibilità, in tempi di pandemia, di tracciare le persone; non abbiamo avuto ripercussioni pesanti. Quello che è cambiato molto è la sensibilità del mercato inglese in relazione al fattore costo del prodotto”.
– In che modo?
“Rispetto a due anni fa, è diventato un mercato molto più competitivo in termini di rapporto tra il valore creato e il prezzo del prodotto relativo che i consumatori britannici sono disposti a pagare”.
– Da cosa dipende questo cambiamento?
“In parte dall’ingresso di nuovi competitor ma soprattutto dalla situazione nazionale indirettamente legata alla Brexit. Due fattori che hanno creato un ambiente molto più competitivo, dinamico e, per certi versi, stressante. Ci sono poi anche delle evoluzioni di mercato interne, chiamiamole coincidenze temporali”.
– A cosa si riferisce?
“Penso all’evoluzione di Tesco, principale retailer inglese che ha il 50% della quota di mercato. Dopo una serie di operazioni internazionali non andate propriamente a buon fine, negli ultimi anni, ha deciso di arroccarsi sulla sua posizione nazionale e investire molto sul mercato inglese. Sul mercato inglese, infatti, ha deciso di essere presente e competitivo con un posizionamento di mercato che lo colloca a metà tra hard discount, per il fattore prezzo, e a metà, tra i supermercati di fascia alta, come Waitrose, per qualità di offerta e layout. È chiaro che se un retailer che fa il 50% del mercato impone un forte ribasso dei prezzi, tutti gli altri devono adattarsi con la conseguenza di un notevole ridimensionamento della dinamica dei prezzi”.
– Questo ha portato ad una riduzione dei margini sul mercato inglese? E se sì, di quanto?
“Le marginalità sono in contrazione ma la flessione è intorno al 10%”.
– Come avete reagito di fronte a questo cambiamento?
“Pur mantenendo la posizione stabile sul mercato inglese, abbiamo aumentato l’export verso altri Paesi quali la Germania, la Svizzera, l’Austria o la Svezia di modo da potere creare una sorta di compensazione sulle quantità”.
– Avete registrato un appesantimento delle pratiche doganali?
“Sì, su ogni bilico inviato c’è una spesa di circa 100 euro in più, ma questo attiene alle questioni logistiche gestite, per noi, da Bakkavör Group. Quello che ci riguarda direttamente, invece, è la richiesta del trattamento termico degli imballaggi perché i pallet li forniamo noi. Anche in questo senso, le nuove normative non ci hanno trovati impreparati perché già prima della Brexit con il nostro partner per le pedane, l’azienda Chep del Gruppo Brambles, casa madre anche di IFCO, abbiamo deciso di mandare ad esaurimento le pedane non conformi, in tempi non sospetti, ed oggi, quelle che utilizziamo sono tutte conformi alle nuove regole e quindi già trattate termicamente”.
– Quali sono le nuove tendenze di consumo nel mercato britannico?
“Quando ho iniziato, vent’anni fa, il must era la sicurezza alimentare che oggi viene data come acquisita e, anzi, gli standard qualitativi si sono sempre più elevati. Del resto, noi produttori italiani, siamo considerati piuttosto bravi in questo. Poi l’attenzione del consumatore si è spostata sugli aspetti etici del prodotto su cui Cultiva è molto attenta ed ha creato una rete di controlli molto stretta con enti certificatori terzi. Oggi il tema di maggior interesse è quello della sostenibilità e di attenzione agli aspetti ambientali come la riduzione dei gas serra e della carbon footprint. Proprio in questi giorni Tesco e WWF hanno lanciato un bando sul carbon management a livello di produzione agricola, nel quadro del programma ‘Science Based Targets’, che punta a comprendere i meccanismi attraverso i quali la gestione agricola può portare alla riduzione dei gas serra. Un punto nodale per la filiera di IV Gamma è di quantificare l’impronta di carbonio in quelle fasi, come la parte agricola, in cui c’è un’interazione complessa tra uomo e ambiente. Il bando punta a sviluppare dei metodi di calcolo che rendano trasparente l’operato delle aziende. In Inghilterra tutta la GDO aderisce a questi impegni per mantenere l’aumento della temperatura entro 1,5/2° entro il 2030”.
– Verso quali referenze si orienta oggi il consumatore britannico d IV Gamma?
“Assistiamo ad una semplificazione dell’offerta imposta dalla distribuzione. Da una parte, c’è una forte diversificazione di piatti pronti complessi sofisticati in cui la parte vegetale di insalate è una delle componenti e spesso neanche quella principale. Per il 100% delle insalate, per contro, assistiamo ad una semplificazione del range di proposte”.
– Quali le vostre novità proposte sul mercato britannico?
“Stiamo lavorando su prodotti multileaf. Insalate a cespo ma con foglie ben distinte che possono essere tagliate in differenti momenti della loro maturazione e a differenti altezze di taglio, in base al prodotto merceologico che si vuole ottenere.”
– Il mercato britannico di IV Gamma ha subìto la stessa contrazione forte di quello italiano in tempi di Covid?
“C’è stata una contrazione ma non così importante come in Italia. Quello che si patisce maggiormente invece è l’aleatorietà”.
– In che senso?
“Noi lavoriamo su programmi semestrali che stanno subendo modifiche in corso di esecuzione, in funzione dell’andamento della domanda. Questo ci porta ad aggiornare continuamente i volumi”.
– Altre novità dell’azienda?
“Abbiamo di recente potenziato molto l’area commerciale con inserimenti di risorse ad alto profilo. L’obiettivo principale per il 2021 è colmare il gap perso nell’anno del Covid e poi riprendere la crescita sia nell’export che nel mercato interno”.
Mariangela Latella

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