Il settore di IV Gamma inizia a vedere la luce fuori da tunnel dopo lo tsunami Covid. Secondo gli ultimi dati Nielsen sui consumi nel canale GDO, dopo un mese di gennaio in cui il settore, nel suo complesso, segnava ancora dati di perdita (-2,4%), dall’ultima settimana di febbraio inizia la ripresa e l’andamento del comparto riprende a crescere del 2,2% che, nel caso specifico delle insalate in busta (che fanno l’80% del settore), diventa +3,1% rispetto allo stesso periodo del 2020 quando ancora non esistevano problemi pandemici.
“Un trend di crescita – ci spiega Andrea Montagna (nella foto), presidente di UIF IV Gamma e amministratore delegato di Bonduelle – che è confermato anche nelle prime due settimane di marzo. Se il totale della IV Gamma nel mese completo di febbraio, è stato in perdita del 2,4%, la private label esce con le ossa ancor più rotte perché perde il doppio, -4%. Guardando solo alla categoria delle insalate in busta, poi, la perdita durante l’intero mese di febbraio è stata del 2,4% mentre la PL ha perso il 4,2%”.
Perché la PL perde di più?
“Difficile da analizzare, perché non è una marca ma dipende da ogni singolo store. In linea generale va meno bene perché è un player che ha una quota di mercato più alta (56% di media nazionale, secondo i dati di Fondazione Ambrosetti, ndr) e quindi fa peggio del mercato. La MDD ha perso, tra gennaio e febbraio, soprattutto sulle monoporzioni di rucola e valerianella che sono un must del loro assortimento. La mia impressione è che la private label vada male soprattutto in quei distributori che, dopo un anno di sofferenza dell’insalata in busta, negli ultimi mesi, già da fine 2020, hanno iniziato ad allargare l’assortimento a banco, con altre referenze. Dalle verdure da cuocere a quelle grigliate, alle zuppe pronte, per cercare di bilanciare in qualche modo. Quando le insalate in busta hanno ripreso a crescere, chi ha ridotto quelle referenze per dare spazio ad altre categorie, è stato penalizzato di più”.
La ripresa del settore, invece, a quale fattore è legata?
“Sicuramente ad un discorso di innovazione che il consumatore ha premiato. Ma anche perché, diciamolo, è difficile resettare le abitudini alimentari dei consumatori e quelle dei 20 milioni di famiglie che prima della pandemia consumavano abitualmente IV Gamma. Chi non ha mangiato insalate in busta durante la pandemia, non ha sostituito le insalate in busta con quelle sfuse. Ha semplicemente mangiato meno verdura”.
Dica la verità, come Ceo di Bonduelle Italia, in piena pandemia, quando il settore perdeva anche il 20%, le è venuto il pensiero di cambiare la produzione e concentrare lo sforzo commerciale su altri rami della vostra attività come conserve e surgelati?
“No. Non ho mai pensato ad un cambio di strategia. Come Bonduelle spingiamo con la massima forza sulle strutture vendite dedicate a tutti e tre i settori di cui ci occupiamo: fresco con le insalate; conserve e surgelati. In Italia, la percentuale sul fresh rispetto alla media europea è maggiore, qui abbiamo una presenza sul mercato che non abbiamo in altri Paesi. Ad esempio, in Polonia, Ungheria e Spagna vendiamo soprattutto conserve e surgelati. Ma non si è mai pensato di invertire la rotta. Anzi, in piena pandemia, nel 2020, abbiamo investito fortemente in pubblicità. Siamo usciti con sport Tv sia a maggio, quando facevamo -20%, che a luglio quando mercato era ancora negativo”.
Come stanno andando le categorie adiacenti alla IV Gamma come, ad esempio, le insalate ai cereali, i burger vegetali e le zuppe?
“E’ un mondo molto frizzante. In questa fetta di mercato si registrano performance interessanti e i prodotti che crescono di più sono i burger vegetali che, nel settore del fresco, hanno ancora un’offerta limitata”.
Come stanno andando?
“A gennaio hanno registrato un +30% e a febbraio un +35% per un fatturato annuo di circa 49 milioni di euro. Nei picchi di successo, negli anni passati, erano arrivati anche ad 80 milioni di euro su base annua ma poi la categoria si è ridimensionata”.
E le altre categorie?
“Le insalate ai cereali, ad esempio, per il secondo mese consecutivo registrano una crescita: +3% a gennaio e +5% a febbraio. Hanno chiuso il 2020 con un fatturato di 20 milioni di euro. Le zuppe, poi, hanno un grandissimo mercato. Circa 114 milioni di euro su base annua. Poiché fino all’anno scorso avevano trainato il settore, ci aspettavamo che avrebbero risposto meglio alla crisi mentre hanno chiuso l’anno con un calo del 7% e sia a gennaio che a febbraio 2021 hanno fatto -8%. Insomma, fino ad ora stanno dimostrando di non essere la promessa che tutti ci aspettavamo. In questo senso l’unico player delle zuppe che ha un trend positivo è la PL che ha chiuso il 2020 con una crescita del 4%, a gennaio è rimasta stabile e a febbraio è cresciuta del 5%. Complessivamente ad oggi, quel fatturato annuo di 114 milioni di euro (di cui 45 milioni realizzati dalla PL), è decisamente in calo. Poi c’è un’altra categoria di prodotto adiacente alla IV Gamma che cresce e che si sta rivelando un vero e proprio trend per il 2021. Mi riferisco ai cosiddetti social snacking, come ad esempio l’hummus di ceci e le creme spalmabili a base vegetale. Nel 2020 hanno generato un giro d’affari di 41 milioni di euro chiudendo con una crescita del 7% mentre a gennaio e febbraio 2021 stanno già registrando crescite a doppia cifra”.
Come commenta l’istituzione di un codice Ateco per le coltivazioni idroponiche?
“Non esiste una IV Gamma idroponica. La legge vigente sulla IV Gamma, prevede un disciplinare rigoroso per la produzione di questo tipo di prodotti. Ad oggi non c’è l’obbligo di indicare come è stata prodotta una data insalata, se in suolo, in serra o fuori suolo, anche se, in futuro, sarebbe corretto lo si facesse. In ogni caso, per ora, non si può fare idroponica pronta all’uso. Come UIF IV Gamma sicuramente ne discuteremo nel tavolo di lavoro ministeriale che vorremmo riaprire”.
La Francia sta lavorando un progetto di legge, forse il primo in Europa, che pone, per alcune categorie di prodotto come la IV Gamma, deroghe anche di quattro anni all’entrata in vigore della messa al bando della plastica nella vendita di ortofrutta. Cosa ne pensa?
“Approfondiremo questo aspetto che sicuramente per noi è molto interessante, con i colleghi d’Oltralpe. È da tempo che dichiariamo che la plastic tax italiana non può e non deve essere applicata a mondo dell’ortofrutta, soprattutto laddove, come nel fresh cut, è parte essenziale del prodotto stesso per la sua funzione di food safety. Non si può dimenticare che ad oggi non esiste, per le insalate in busta o le ciotole, un prodotto alternativo che garantisca gli stessi risultati di shelf life”.
Bonduelle ha avviato qualche ricerca al riguardo?
“Certo. E dal mese prossimo usciremo con confezioni che sono al 30% di plastica riciclata (RPET)”.
Mariangela Latella