Led di ultima generazione, serre hi-tech, vertical e urban farming, coltivazioni fuori suolo e soprattutto automazione spinta con meccanizzazione sempre più efficiente e sistemi tecnologici integrati per controllare ogni aspetto della coltura delle piante, dal fabbisogno di luce all’umidità, alla resa e perfino alla durata stessa dei tempi di coltivazione, anticipandoli o ritardandoli.
Questo è l’orizzonte delle serre del futuro che le principali aziende italiane del settore stanno mettendo in campo per permettere agli agricoltori di allineare le loro colture con gli obiettivi del New Green Deal.
È quanto è emerso nel corso del forum tecnico ‘Green House Technology’ che si è tenuto nella giornata conclusiva di Macfrut Digital che ha fatto una carrellata delle ultime novità in termini di coltivazione in serra esistenti sul mercato.
“L’innovazione tecnologica è già molto avanzata – ha spiegato Massimo Lucchini, amministratore delegato di Idromeccanica Lucchini, azienda leader italiana, fiore all’occhiello nella produzione di serre di ultima generazione -. Se gli obiettivi del New Green Deal sono quelli, ad esempio, di ridurre l’uso di fitofarmaci del 50% entro il 2030, le soluzioni offerte dall’industria già ci sono. Non tutte le coltivazioni si sposteranno in serra naturalmente, perché ogni coltura ha il suo fabbisogno, ma la serra è l’ambiente ideale per contrastare i principali problemi derivati dal cambiamento ambientale a cominciare dalle fitopatologie, o dall’eccesso piovoso di certe stagioni o di caldo, in altre”.
Molte le novità in passerella a Macfrut Digital, che andremo ad illustrare in più puntate dedicate al futuro (prossimo) delle serre anche in considerazione della necessità di rinnovamento del parco serricolo italiano ormai desueto (quando non danneggiato dai fenomeni atmosferici estremi sempre più frequenti).
Iniziamo da quelle illustrate da Mattia Accorsi, responsabile scientifico di C-Led (del gruppo Cefla), azienda specializzata nella produzione di lampade Led per l’illuminazione in serra (soprattutto per il vertical farming) che interviene sugli spettri luminosi dato che è ormai assodato che le frequenze luminose influiscono sulla crescita della pianta.
“Lavoriamo con tutte le frequenze luminose – ha spiegato Accorsi – dalla gamma degli UV, agli Xray fino ai 730 nanomentri. Il tipo di spettro impiegato nella coltivazione, incide sulla pigmentazione fotosintetica, ma anche sulla complessità metabolica della pianta o anche sulla sua morfologia. Grazie a questa tecnologia oggi possiamo modulare il comportamento delle piante, fino a dieci anni fa impossibile, e sintetizzare composti che prima erano molto difficili da sintetizzare. Negli anni abbiamo sviluppato innumerevoli differenziazioni degli spettri. Da quello viola, specifico per le orticole, ad esempio, a quello con dei picchi di rosso per i piccoli frutti”.
L’ultima lampada dell’azienda si chiama Combo Extended ed è caratterizzata da un multi-spettro. È già usata in tutto il mondo, dagli USA fino al Sudafrica. Innovativa anche la Tower Grew Top Light e anche la Interlight (versione, quest’ultima, per l’illuminazione di singole parti della serra che restano in ombra) che si dispone lungo l’asse verticale nelle serre alte. “La criticità qui – spiega Accorsi – è capire come far penetrare l’angolo in cui viene messa la luce in strutture molto alte. Il prossimo passo è quello di lavorare alla gamma dei raggi UV per incentivare i tessuti fogliari e migliorare l’aspetto nutraceutico delle piante”.
Oltre che per la coltivazione in serra, C-Led lavora anche per l’illuminazione di ambienti dove si applica la micro-propagazione che necessitano di spettri tendenti al bianco molto freddo; e alla luce led per gli innesti, per le orticole di alto valore.
“L’ultimo orizzonte della nostra ricerca – chiosa Accorsi – è di lavorare su sistemi di illuminazione che possano aumentare i cicli produttivi durante l’anno mentre un filone di ricerca molto innovativo che ci ha fatto vincere l’appalto per Expo Dubai, è quello delle micro-alghe su cui abbiamo attivato una ricerca in collaborazione con uno spin off dell’Università di Firenze. Dallo studio di una grande quantità di spettri, puntiamo a controllare la resa delle piante, ridurre gli investimenti e aumentare la qualità nutraceutica”.
Mariangela Latella