Segnala perdite del 40% e mancanza di 3.000 braccianti l’AOP Uno Lombardia, gruppo leader della IV Gamma italiana che ha il proprio cuore produttivo tra Milano, Bergamo e Brescia, ossia nel centro della zona rossa di questa maledetta emergenza Covid-19. Con le sue 1.500 aziende associate (con campi anche al Sud, nella Piana del Sele), Uno Lombardia può fornire uno spaccato puntuale su come stiano andando le forniture alle principali aziende di IV Gamma, da Bonduelle a La Linea Verde.
Nel parliamo con il presidente Ambrogio De Ponti (nella foto), in un’intervista esclusiva concessa a FreshCutNews. Il clima che emerge dalla nostra conversazione telefonica è quello di una situazione, a dir poco, preoccupante.
“Solo nell’ultima settimana -afferma il presidente De Ponti – abbiamo registrato perdite del 40%. Proiettandole su scala mensile, rappresentano un gap sul fatturato di circa 15 milioni di euro e, se l’emergenza persiste, vorrà dire un buco nero di bilancio annuale da 200 milioni di euro. Tutta merce prodotta e non venduta. Puro spreco”.
– Presidente De Ponti, perché rallentano le forniture?
“A causa dei consumi schizofrenici, conseguenza immediata dell’effetto panico da Coronavirus. Dopo un picco di acquisti iniziale, la domanda di freschissimi adesso sta registrando un calo del 30%. Gli ordini rallentano anche perché le famiglie fanno la spesa due volte alla settimana, anziché quotidianamente, per evitare di uscire, mentre il nostro settore è strutturato per forniture quotidiane alla GDO. I nostri principali clienti continuano a richiedere merce anche se, mi dicono alcuni associati, si iniziano a registrare anche problemi sull’export, soprattutto verso l’Est Europeo, dove viene imposta la quarantena agli autisti provenienti dall’Italia. Questo scoraggia il trasporto verso quelle zone”.
– Quali sono le referenze che risentono di più di questo calo di richiesta?
“Soprattutto baby leaf e rucola. Con la politica dello ‘stay home’, le famiglie hanno più tempo per cucinare e quindi ritornano a comprare le insalate da lavare, la prima gamma, per intenderci. Per contro, sta andando bene lo spinacino perché in Spagna non c’è prodotto e questo sta facendo crescere la domanda di produzione italiana”.
– Come avete risposto, nell’attività dell’AOP, ai nuovi protocolli di sicurezza?
“Ovviamente li seguiamo alla lettera anche perché siamo in una zona dove non possiamo permetterci passi falsi. Gli amministrativi sono tutti a casa in smart working mentre abbiamo allungato le linee di processo per garantire le distanze appropriate tra i lavoratori negli impianti di trasformazione. In campo le cose si complicano perché molti stagionali stanno rifiutandosi di venire a lavorare per paura del contagio”.
– Può darci una misura di questa carenza?
“Nella mia azienda sono cifre basse perché ho preferito stabilizzare i lavoratori. Solo il 5% sono stagionali e vengono impiegati solo per i periodi di picchi di produzione. Ma per altre aziende il dato è molto più significativo”.
– Una stima?
“Su 10 mila addetti a giornata di tutta l’AOP, penso che ne manchino circa 3.000. Questo è un bel problema non tanto per la fase attuale dei trapianti che è quasi tutta meccanizzata, quanto per la raccolta che viene fatta prevalentemente a mano. Tra un mese, se non si sblocca l’emergenza, potremo avere grossi problemi per insalate a pieno campo e ortaggi a frutto come melanzane, zucchine, pomodori, peperoni, eccetera”.
– Gli operatori del settore primario, stanno segnalando anche carenza di imballaggi. Confermate questo trend?
“Sì. E questo alla lunga potrebbe causare ulteriori rallentamenti della nostra produttività, tanto più che stiamo crescendo nel settore della prima gamma evoluta, ossia prodotto confezionato ma non lavato. Anche se le industrie italiane del confezionamento stanno lavorando, manca la materia prima che viene dall’estero: pellicola, ad esempio, o cartone. Un bel guaio in tempi di inversione di rotta verso il pack green. Pensi che avevamo appena ultimato gli investimenti per trasformare le linee di packaging e allinearci ai nuovi standard di eco-sostenibilità. Segnalo inoltre la totale difficoltà delle aziende dell’AOP che lavoravano con il canale horeca, oggi fermo”.
– Quante sono?
“Più o meno un terzo; 400-500 aziende che realizzavano mediamente circa il 20% del fatturato sul canale della ristorazione. Sono messe ancora peggio quelle che lavoravano esclusivamente sull’horeca e che oggi sono ferme. Sono un numero molto più basso”.
Mariangela Latella