Plastic Tax e IV Gamma / 1. “Aumento dei costi del 32%”?

Ammonterebbe a oltre 160 milioni di euro l’impatto economico della plastic tax sul settore della IV Gamma. Secondo le stime di alcuni imprenditori, questa somma deriva dell’aumento dei costi sul packaging che, in questo comparto, incidono complessivamente per circa la metà del prezzo finale.

Si tratta di maggiori costi che verrebbero scaricati sul consumatore e che, in un settore che oggi, secondo i dati Nomisma aggiornati a marzo 2019, fattura quasi un miliardo di euro, comporterebbero un aggravio del prezzo in etichetta di un terzo.

“Il problema principale – spiega Rosario Rago, presidente dell’omonimo Gruppo con base nella piana del Sele in provincia di Salerno – è che questa tassa ci mette davvero con le spalle al muro, soprattutto a noi che operiamo nelle filiere dei prodotti freschi e freschissimi, dal momento che sul mercato non esiste un’alternativa di packaging che ci possa consentire in qualche modo di uscire dal carico fiscale imposto dalla plastic tax. L’unica soluzione, al momento sarebbe il Pet ma, per quel che ne so, esistono solo due aziende al mondo che lo producono e che, da sole, di certo non sarebbero in grado, di soddisfare tutta la domanda dell’industria Italiana”.

Il problema sui packaging di IV Gamma è aggravato dal fatto che si tratta di prodotti che applicano alle confezioni una serie di tecnologie, come ad esempio il trattamento anti-fog (che impedisce la creazione di condensa dentro la busta e quindi di umidità che accelera il processo di decomposizione) o l’atmosfera modificata per l’allungamento della shelf-life, che non sono attualmente applicabili ai nuovi packaging sostenibili esistenti sul mercato.

“Questo significa – continua Rago – chiudere un intero settore dentro un vicolo cieco senza dare una via di uscita con una stima dell’aumento dei costi complessivi di imballaggio di circa il 32%. Un carico importante che inevitabilmente verrebbe scaricato sul consumatore finale. Peraltro se anche esistessero delle alternative sarebbero di per sé molto costose se già si pensa che la forbice tra pack di cartone e di plastica è di oltre 5 volte tanto considerato che il primo costa circa 8 euro al chilo mentre il secondo viaggia sui 2,5 euro”.

Se il ritorno allo sfuso sembra oggi un’utopia, non solo per il Fresh Cut ma anche per i prodotti cosiddetti di prima gamma evoluta, data la progressiva erosione dei tempi di vita disponibili per la spesa e la cucina; l’ipotesi di un cambio di marcia con l’introduzione di packaging sostenibili non può neanche tradursi in una spada di Damocle dacché, così facendo, significherebbe sostanzialmente lavarsi le mani del problema e scaricarlo interamente sul mercato.

“Vorrei premettere che le mie considerazioni non sono assolutamente politiche ma di ordine pratico – afferma Salvatore Lotta, presidente dell’OP Campidanese che rifornisce IV Gamma in esclusiva per il brand DimmidiSì e che produce carciofo spinoso sardo DOP in prima gamma evoluta -: avrebbe più senso ragionare in una logica di incentivi. Basterebbe, ad esempio, che ogni supermercato fosse dotato di un sistema di riciclo della plastica di modo che ai clienti che restituiscono i packaging usati, possa venire rimborsato il relativo sovracosto”.

FreshCutNews tornerà presto sull’argomento dopo avere raccolto altre dichiarazioni.

Mariangela Latella

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