Ci risiamo. In questi giorni sul web la IV Gamma è stata di nuovo sotto attacco: i soliti detrattori delle insalate in busta hanno riaffilato le armi mettendo in circolazione notizie che minano l’affidabilità del comparto. In questo caso, la fonte citata – uno studio dell’Università di Torino – impedisce di archiviare frettolosamente la questione.
La faccenda in realtà parrebbe seria, se non fosse che da nessuna parte sul web si trova un misero stralcio del documento originale, solo dati presi da siti che citano altri siti, a cui si associano nomi generici di famiglie di batteri (talvolta anche errati).
“Le notizie riportate sulla rete sono parziali, incomplete e non decifrabili, anche se adombrate da una presunta validità scientifica senza peraltro indicare estremi né protocolli. Gli articoli pubblicati sono una vera e propria presa in giro nei confronti dei lettori, mascherata da una sorta di validità scientifica”, commenta lapidario il professor Fausto Gardini, ordinario di Microbiologia all’Università di Bologna. “Non viene riportata alcuna metodologia di indagine (modalità di campionamento e tipo di analisi condotte in primis), non si specifica a cosa si riferisce la percentuale riportata (se si tiene in qualche modo conto dei range di tolleranza valori di carica microbica ammessi dalle linee guida ‘analisi rischio biologico degli alimenti’ elaborate in coerenza all’art.14 del Reg. CE 2073/2005) né si precisa la specie di batteri rilevata ma solo il genere di appartenenza, tranne che per Escherichia Coli (la cui presenza è peraltro ammessa, entro certi limiti)”.
L’esistenza di batteri in prodotti di questo tipo di per sé non rappresenta nulla di preoccupante. È inevitabile. Ciò che bisognerebbe capire è di che tipo di batterio si tratti e la quantità di cui si sta parlando; ma dal contesto delle notizie in circolazione non è dato saperlo. “I dati riportati sono assolutamente privi di raziocino, sembrano scritti per fare terrorismo gratuito”, aggiunge il professore, che confessa di non poter giudicare la ricerca in questione, per la mancanza di riferimenti precisi e poiché i numeri riportati non sono interpretabili: “Sembrano estrapolati da un contesto più ampio a cui non si riesce in alcun modo a risalire”.
“I batteri sono ovunque – sottolinea Gardini -; il problema nei prodotti di IV Gamma (come in molti altri settori dell’industria alimentare) non è eliminarne la presenza in toto, ma controllarne e limitarne la crescita al fine di prolungare la vita del prodotto, prima che inizino a percepirsi gli effetti del deterioramento, oltre che, ovviamente, di evitare al contempo la sopravvivenza e la moltiplicazione di agenti patogeni. I problemi esistono da questo punto di vista ma non è sicuramente trattando le notizie in questo modo che si contribuisce a risolverli”.
Una busta di insalata – così come moltissimi altri alimenti – contiene in origine una serie di batteri per grammo; via via che passano i giorni e fino alla scadenza dei sette giorni di shelf life la loro proliferazione è inesorabile. I batteri ci sono, siamo circondati da microrganismi, fanno parte della vita stessa sin dalle origini. L’insalata di IV Gamma non ne è esente, non essendo un prodotto sterile né sterilizzabile. Un concetto semplice, quasi banale per un esperto di microbiologia, ma che il consumatore medio abbina inevitabilmente a un campanello di allarme. Su questo si basano allarmisti e detrattori, dimenticando che la IV Gamma italiana ha fatto sforzi enormi sul fronte della sicurezza alimentare ed è, molto probabilmente, la più sicura al mondo. (c.b.)