E’ corsa ai packaging alternativi nel settore della IV Gamma che è prossima al giro di boa dato dal cambiamento epocale che sta per essere introdotto con la Direttiva UE di imminente approvazione, contro la plastica usa e getta. Si tratta di un giro d’affari che – guardando soltanto all’1,3 milioni di tonnellate di posate usa e getta che secondo gli studi preparatori rappresentano quel 4,5% di rifiuti ritrovati nelle spiagge europee – ha un volume di circa 2,6 miliardi di euro nel settore dei polimeri tradizionali, ossia derivati dal petrolio che hanno un costo di mercato medio di circa due euro al chilo (da 1 a 3 euro al chilo, fonte: CNR).
“Il volume di affari – spiega Mario Malinconico (nella foto), ricercatore dell’Istituto polimeri compositi e bio-matieriali del CNR – potrebbe anche raddoppiare dal momento che, soltanto pensando ai polimeri cosiddetti intermedi, ossia con una piccola percentuale di petrolio, come il PLA, il costo viaggia dai 2 ai 4 euro al chilo mentre potrebbe essere ancora maggiore per i polimeri naturali se si considerano tutti gli investimenti, ingenti, necessari per avviare le filiere da zero, dalla bio-raffineria alla trasformazione”.
Il punto è cercare di capire se il nostro comparto imballaggi sia abbastanza resiliente ossia capace ad adattarsi ai cambiamenti in tempi brevi oppure se sarà costretto a cedere la posizione di leadership nel mercato delle Bio-plastiche ad altri competitor. Si pensi alla Russia, ad esempio, che ha acquistato dalla neonata Zeropack (che ha acquisito i brevetti di Bio-on per la creazione di bio-plastiche dalla lavorazione degli scarti della barbabietola da zucchero) i diritti per la creazione di un impianto di eco-polimeri da 90 milioni di euro. Una cifra enorme se si pensa che per riconvertire una bio-raffineria bastano già 10 milioni di euro, a detta degli esperti. Lo stesso dicasi per la Spagna che ha acquisito diritti da Zeropack per la realizzazione di un bio-impianto in grado di produrre 2.500 tonnellate l’anno. Alle calcagna c’è anche la Cina, al momento unico produttore mondiale di posate in legno.
Intanto sul mercato, non mancano i nuovi ritrovati della scienza sui polimeri naturali come quello sviluppato dall’Università di Tel Aviv e lanciato a dicembre scorso, che punta a ottenere una bio-plastica dalle deiezioni di alcuni microrganismi che si nutrono di alghe. Il vantaggio di questa innovazione deriva dal fatto che la produzione del granulo richiede poca acqua e poca terra (che non dovrà essere impiegata nella produzione di biomassa). Si tratta di proprietà che potrebbero interessare molto quei competitor internazionali che hanno problemi di carenza idrica come la stessa Israele, la Cina o, ancora, l’India.
Anche l’ultima edizione del MARCA di Bologna, da poco conclusa, ha lanciato importanti segnali di inversione di rotta legati al tema del packaging. “Tra le innovazioni premiate all’ADI Awards, il premio al design industriale – ci spiega Valentina Downey, presidente di ADI Emilia-Romagna nonché curatrice del premio – c’è il sacchetto Bio-made dell’azienda Polycart Spa che è il primo sacchetto in bio-plastica in grado di contenere e conservare cibi liquidi. Una novità che permette di ovviare al problema delle buste di plastica tradizionali, le uniche che si sono dimostrate capaci di contenere liquidi, sostituibili, fino ad oggi, sono con bio-vaschette”. Un premio è andato anche al packaging Paren di Industrie Rolli Alimentari per l’idea innovativa di creare valore aggiunto non solo sul prodotto (contenuto) ma anche sulla confezione (contenitore). In questo caso si parla di un prodotto congelato il cui pack ha uno studio grafico che racconta, con caratteri grafici molto chiari, il percorso dell’intera filiera dell’imballaggio, dalla produzione fino al suo smaltimento.
In anticipo su tempi della Direttiva, SIPO ha appena sostituito il proprio packaging di polistirolo per la linea di funghi freschi pronti da cucinare a marchio ‘I Sapori del mio Orto’ con una confezione in cartone; mentre arriva dall’incubatore di Seeds&Chips, la start-up Packtin, nata da uno spin-off dell’Università di Modena e Reggio, che sta cercando investitori per brevettare un innovativo processo di sintesi delle biomasse in grado di produrre polimeri 100% biodegradabili.
Mariangela Latella