Ha guardato al Fresh Cut di un futuro molto prossimo, la nona edizione del corso internazionale su “Qualità e Sicurezza dei Prodotti di IV Gamma” che si è tenuto nella città portogherse di Oporto, dal 10 al 12 ottobre scorso organizzato dalla Facoltà di Biotecnologie dell’UCP e dall’Università di Foggia (UniFg), in collaborazione con il Centro Operativo e Tecnológico Hortofrutícola Nacional (COTHN).
Tra le principali innovazioni emerse che spingono la IV Gamma in avanti, un’analisi sulla fattibilità e la sostenibilità del vertical farming, una pellicola repellente anti-batteri da applicare a macchinari e attrezzi a contatto con l’ortofrutta fresca nelle fasi di lavorazione ed un progetto portoghese sul riuso degli scarti organici della lavorazione dell’ortofrutta, come le bucce o i torsoli.
“È stata un’edizione molto vivace e partecipata – ha spiegato il prof. Giancarlo Colelli, dell’Università di Foggia – con rappresentanti del mondo dell’industria provenienti non solo dai Paesi europei ma anche da Oltreoceano, come ad esempio dal Brasile. A differenza degli altri anni, quest’anno ho notato una grande attenzione alle tematiche trattate e alle innovazioni proposte al punto che al termine di ogni intervento, lo spazio dedicato al dibattito era sempre ampiamente riempito. Il filo conduttore è stato il tema della food-security”.
Avveniristico il progetto presentato da Luis Cisneros-Zevallos, dell’Università del Texas. “Si tratta di una pellicola – precisa Colelli – che si applica ai macchinari e agli attrezzi usati nel processo di lavorazione della IV Gamma. L’innovazione entra nel campo delle nano-tecnologie perché il materiale che la compone impedisce ai batteri di attecchire”.
Su questa iniziativa sta per essere presentato all’USDA, il Dipartimento dell’Agricoltura degli US, un progetto di ricerca applicata che vede come capofila appunto l’Università del Texas e per la parte industriale alcune delle più grandi aziende (anche italiane) produttrici di macchinari per la IV Gamma. L’obiettivo è quello di ottenere un finanziamento pubblico per testare questa pellicola, in inglese ‘coating’, sulle linee di produzione.
Uno studio di fattibilità sul vertical farming è stato presentato, inoltre, dal prof. Antonio Ferrante, dell’Università di Milano, che ha analizzato vantaggi e svantaggi di questa tecnica colturale, non più di tanto futuristica. Se la food security microbiologica è tra i lati positivi che si ottengono, l’eccessivo costo energetico (allo stato dell’arte) potrebbe rendere l’operazione sostenibile solo in presenza di massivi impianti di rinnovabili oppure in bilanciamento con eventuali altri interessi rilevanti come, ad esempio, quello dell’approvvigionamento alimentare nelle aree urbane densamente popolate e prive di terreni coltivabili.
“Un’altra importante novità emersa – continua Colelli – è il progetto di ricerca applicata portato avanti dai colleghi portoghesi con l’azienda Nuvifruit, finalizzata al riuso degli scarti organici di lavorazione come bucce, foglie o torsoli che oggi possono arrivare a rappresentare fino al 70% del prodotto lavorato e che rappresentano costi vivi in funzione del loro smaltimento”. Lo studio proposto dall’Università portoghese si basa sulla possibilità di estrarre (dalla semplice immersione in una soluzione acquosa) le sostanze in essi contenute, come carboidrati, polifenoli o antiossidanti, concentrarle e poi reinserirle nel ciclo produttivo per farne dei nuovi prodotti, ad esempio, integratori alimentari oppure, come nel caso degli antiossidanti, per usarli come anti-imbrunenti nel processo di confezionamento del Fresh Cut.
Mariangela Latella
Nelle foto, gli interventi di Alessandro Turatti e del prof. Giancarlo Colelli alla convention scientifica internazionale di Porto.